Piano Nazionale
di Ripresa e Resilienza

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COS’È IL PNRR
In collaborazione con Il Sole 24 ORE Radiocor.
agenzia radiocor
Il nome scelto dal Governo è ‘Italia Domani’. Tecnicamente è il PNRR, Piano nazionale di ripresa e resilienza. Quando ha fatto il suo ingresso nel dibattito pubblico, è stato presentato come Recovery Plan: comunque si decida di chiamarlo, è un “intervento epocale”, per usare le parole con cui il Governo italiano ne annunciò il varo lo scorso aprile, un programma senza precedenti per risorse e obiettivi.

Definizione e risorse. Il PNRR è il complesso di misure con cui il Governo intende attuare in Italia il programma europeo ‘Next Generation Eu’, lo strumento temporaneo per la ripresa da oltre 800 miliardi di euro attraverso cui l’Unione europea contribuisce a sanare i danni immediati economici e sociali che la pandemia ha causato ai Paesi membri ma allo stesso tempo pensa al post Covid rilanciando sulle sfide future, a partire dalle transizioni ecologica e digitale. Le risorse che ‘Next Generation Eu’ attribuisce al PNRR italiano sono pari a 191,5 miliardi di euro. L’Italia integra l’importo con 30,6 miliardi attraverso il Piano nazionale per gli investimenti complementari. La dotazione complessiva sale così a 222,1 miliardi.

I tempi. Tutti gli interventi previsti vanno realizzati entro cinque anni: l’arco temporale di riferimento è infatti il 2021-2026. I finanziamenti europei sono erogati su base semestrale, a patto che siano effettivamente raggiunti i traguardi e gli obiettivi intermedi.

L’architettura. Le riforme e i progetti del Piano si sviluppano intorno a tre assi strategici, condivisi a livello europeo: digitalizzazione e innovazione; transizione ecologica; inclusione sociale. Il PNRR è articolato in sei missioni: si tratta di aree tematiche di intervento in linea con i sei pilastri di Next Generation Ue: Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo; Rivoluzione verde e transizione ecologica; Infrastrutture per una mobilità sostenibile; Istruzione e ricerca; Inclusione e coesione; Salute. Ogni missione è a sua volta strutturata in Componenti, ossia aree di intervento specifico. Le Componenti sono complessivamente 16. Vengono inoltre indicate delle priorità trasversali, ovvero principi che guidano progetti e investimenti in tutte le aree: si tratta dell’attenzione ai giovani, della parità di genere e della riduzione del divario di cittadinanza. Il 40% delle risorse sono investite nel Mezzogiorno. Il Piano include complessivamente 151 investimenti e 63 riforme. Le riforme strutturali previste sono identificabili in tre tipologie: riforme orizzontali, trasversali al sistema economico e sociale del Paese (ad esempio Pubblica amministrazione e Giustizia), riforme abilitanti, funzionali a garantire la piena attuazione del Piano (ad esempio Norme sulla semplificazione degli Appalti pubblici e Legge sulla concorrenza), settoriali, ossia definite all’interno delle diverse missioni (ad esempio Lavoro, Trasporti, Ambiente ed energia).

La governance. Il perno del governo del Piano è la Cabina di regia, istituita presso la Presidenza del Consiglio, guidata dallo stesso capo del Governo. Si tratta, definizione di Palazzo Chigi, dell’”organo di indirizzo politico che coordina e dà impulso all’attuazione degli interventi del PNRR”. La cabina di regia è a composizione variabile, ovvero vi partecipano i ministri e i sottosegretari competenti sui temi all’ordine del giorno e possono prendervi parte anche, tra gli altri, i presidenti di Regioni o il presidente dell’Anci quando si esaminano questioni locali. Tra le strutture di presidio spicca, in funzione consultiva, il Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale composto da rappresentanti delle parti sociali, del Governo, delle Regioni, degli enti locali, delle categorie produttive e sociali, del sistema dell’università e della ricerca scientifica, e della società civile. Il monitoraggio e la rendicontazione del Piano sono affidati al Servizio centrale per il PNRR, istituito al Mef, punto di contatto nazionale con la Commissione europea per l’attuazione del Piano. Alla realizzazione operativa degli interventi previsti provvedono i singoli soggetti attuatori, che possono essere le Amministrazioni centrali, le Regioni e le Province autonome e gli enti locali.

I benefici. Il Governo scommette, scrive il Presidente del Consiglio Mario Draghi nella premessa al Piano, su “un impatto significativo sulle principali variabili macroeconomiche. Nel 2026, l’anno di conclusione del Piano, il prodotto interno lordo sarà di 3,6 punti percentuali più alto rispetto all’andamento tendenziale. Nell’ultimo triennio dell’orizzonte temporale (2024-2026), l’occupazione sarà più alta di 3,2 punti percentuali. Gli investimenti previsti nel Piano porteranno inoltre a miglioramenti marcati negli indicatori che misurano i divari regionali, l’occupazione femminile e l’occupazione giovanile. Il programma di riforme potrà ulteriormente accrescere questi impatti”.

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